martedì 1 luglio 2014

La nave

..veniva importato o esportato e in quali quantità, con quali navi, nazionali o straniere..

Sono gli iceberg che vagano trascinati dalle correnti a far naufragare le navi….



Durante i primi anni dell’800 i mari e i maggiori fiumi furono solcati da navi mosse da un’innovata tecnologia: la propulsione a vapore. Il vapore impose un nuovo sviluppo cantieristico, nuove tecniche di costruzione delle imbarcazioni. Nacque così la nave a vapore o piroscafo, mezzo di trasporto che usava la propulsione a vapore.

Le navi a vapore furono il risultato della naturale applicazione della macchina a vapore inventata da James Watt (1736-1819). Nel 1707 il francese Denis Papin risalì la Fulda, un affluente dell’Elba su di una curiosa imbarcazione mossa dal vapore. Nel 1780 un altro francese, Claude de Jouffroy, navigò sul fiume Saône con un battello a vapore lungo 46 metri, ma purtroppo i suoi esperimenti furono interrotti dalla rivoluzione francese. Pochi anni dopo, nel 1788, l’americano John Fitch risalì il fiume Delaware da Filadelfia a Burlington a bordo di un battello a vapore. Nel 1802 William Symington realizzò invece una chiatta a vapore, il Charlotte Dundas, dotata di una macchina Watt a doppio effetto, destinata a rimorchiare legname sul fiume Clyde.

Il primo agosto 1807 il Clermont di Robert Fulton salpò da un molo presso il Greenwich Village (New York) per un viaggio di 270 miglia, durato 32 ore, verso Albany. Questo episodio viene considerato il primo vero viaggio di una nave mossa dal vapore. 

Inizialmente si pensava che le navi a vapore potessero navigare solo sui fiumi o al massimo sotto costa, e quindi il loro sviluppo fu molto più veloce negli Stati Uniti, ricchi di lunghe vie d’acqua interne: appena cinque anni dopo il viaggio del Clermont erano in servizio negli Stati Uniti ben 50 battelli dello stesso tipo.


Savannah

Nel 1819 il piroscafo Savannah, un battello a ruota americano, realizzò la prima traversata dell’Oceano Atlantico a vapore in 29 giorni e undici minuti. 

Le velocità raggiunte da queste navi erano notevoli: la più veloce dell’epoca, nel 1860, il Daniel Drew era capace di tenere una velocità media di 22 nodi. Si trattava di imbarcazioni molto grandi: il New World, per esempio, lungo 116 metri, aveva una ruota a pale di 14 metri di diametro e disponeva di quasi 700 cuccette. In Europa si cominciarono a costruire navi a vapore solo nel 1812, quando Henry Bell varò il Comet, lungo 12,2 metri e largo 3,2 metri.

Questo nuovo tipo di forza propulsiva non era ancora ben vista negli ambienti marittimi militari.
Sotto l’aspetto militare le navi a vapore presentavano un grande punto debole nelle ruote propulsive, facile bersaglio per il tiro nemico, così come nella macchina collocata sopra la linea d’acqua. Per le navi da guerra ci voleva qualcosa di più sicuro, e l’elica risolse il problema. Già sperimentata dall’americano Stevens e dal francese Sauvage, fu portata allo stato operativo da John Ericsson.
L’invenzione dell’elica è stata attribuita contemporaneamente a due uomini, Francis Petit Smith e John Ericsson, che nel 1836 ottennero entrambi i brevetti per eliche a vite. II brevetto di John Ericsson, ingegnere statunitense d’origine svedese (1803-1889), incluse una ruota a pale controrotante, per installazioni a doppia e singola elica.
L’elica di John Ericson fu applicata per la prima volta sulle navi da guerra in Francia nel 1842, precisamente sulla fregata La Pomone, da 36 cannoni, con l’alberatura di una fregata; a vapore poteva viaggiare a 7,5 nodi, a vela a 12. La Pomone fu realizzata nel 1846.

Un altro grosso inconveniente era che metà dello spazio disponibile della nave era occupato dalle macchine e dalle caldaie.
Le prime macchine imbarcate erano del tipo ad azione diretta, composte da due cilindri verticali, uguali tra loro, posti lateralmente, con gli stantuffi che agivano direttamente sull’asse delle ruote.
Dal 1845 cominciarono ad essere utilizzate le macchine a cilindri inclinati, che rappresentarono un miglioramento nell’esercizio, ma non certo riguardo il peso e l’ingombro.
Nel 1848 William Penn perfezionò la macchina a cilindri oscillanti, che rimase poi tipica per i vapori a ruote.

L’impiego dell’elica come propulsore provocò profonde modifiche nelle macchine marine. Mentre nei bastimenti a ruote l’asse era trasversale alla nave ed era collocato sopra la linea d’acqua, in quelli ad elica l’asse era nel senso della chiglia e si collocava sotto la linea di galleggiamento. Con le ruote la frequenza poteva essere contenuta nei 20 giri il minuto, mentre con l’elica il numero dei giri aumentò sensibilmente. Inizialmente i costruttori aumentarono il numero di giri per mezzo di ingranaggi. La stessa famosa macchina del Napoleon era di questo tipo. Poi furono costruite macchine a cilindri orizzontali, a biella rovesciata e a fodero, che risposero alle esigenze delle navi ad elica fin verso il 1860.

Napoleon

Il Napoleon rappresentò concettualmente quanto di meglio l’arte navale di quel periodo poteva esprimere in Europa, ma ebbe una vita operativa limitata. Dopo soli 13 anni dal suo varo, avvenuto il 13 maggio 1850, la nave francese fu posta in riserva a Cherbourg e disarmata nel 1872.

Contributo notevole all’evoluzione delle macchine marine fu dato dall’introduzione del condensatore a superficie, inventato da Daniel Dodd, e applicato a partire dal 1838.
Il maggior vantaggio fu quello di sostituire l’acqua dolce all’acqua di mare per l’alimentazione delle caldaie. La costruzione delle caldaie tubolari a ritorno di fiamma, sperimentate già nel 1832 da Stevens, cominciò a diffondersi in Europa dopo il 1850 e consentirono di toccare pressioni di 3,5 atmosfere.
In quell’epoca, tutte le macchine marine erano ad espansione diretta, cioè il vapore entrava in un cilindro e da questo si esauriva in un condensatore, di modo che ogni cilindro agiva come una macchina indipendente. Solo verso il 1860 si generalizzò l’uso della più efficace macchina composita a doppia espansione (compound), dove il vapore entrava ad alta pressione nel primo cilindro dal quale passava in un secondo più grande dove si espandeva, con migliore utilizzazione della sua energia.


Le prime macchine marine con alimentazione ad acqua salata raggiungevano già verso il 1840 pressioni tra 0,3 e una atmosfera con un consumo di combustibile medio di 3,5 chili per Hp/ora. Con il condensatore a superficie il consumo si ridusse a circa 2 chili, mentre le pressioni salirono a 1,8 atmosfere. Quando furono imbarcate le macchine a doppia espansione e caldaie più resistenti, la pressione raggiunse il livello di 5,1 atmosfere e il consumo del carbone scese fino a 1,30 chili per Hp/ora. Contemporaneamente i pesi e gli ingombri degli apparati motori diminuirono, si scese da 170 chili per Hp sino a 120 chili e il risparmio di spazio andò a tutto vantaggio dell’aumento del carico utile trasportabile.

Nessun commento:

Posta un commento